Giorno 44 di #iorestoacasa

Bollettino del giorno: vulner – abili.

Ore 16:13.

C’è un momento, appena apro gli occhi, che vorrei poter fotografare. Una sospensione. Dalla vita, da ciò che c’era prima e da ciò che deve ancora iniziare. Sembra avere le pareti azzurre intorno, forse ci sono delle nuvole, forse solo nebbia. Chi doveva esserci ancora c’è, in questi giorni la quarantena non è mai iniziata, sono dimentica, nel cuore leggerezza. Non so se capita anche voi. È brevissimo, ma la sua naturale facilità resiste per qualche minuto successivo. Ha una specie di sapore. Poi la vita, il tempo, la spugna nera, arrivano. Un primo mattone si appoggia sullo stomaco, poi un secondo. Alla fine sono completamente sveglia. E spero di riaddormentarmi, anche solo qualche minuto, per riprovare quell’attimo di tregua. Un intervallo da me e dal mondo.

Mi è venuto in mente che sono pochi i momenti, da sobria e nello stato di veglia, in cui mi sento in quel modo. E di solito succedono tutti dentro un’aula mentre guardo i miei ragazzi negli occhi, spesso smarriti. Mentre tocco la loro vita e la loro vulnerabilità. Perché si incontra con la mia. Vulnus vuol dire ferita, infatti. E quello è il momento in cui io curo le loro e loro curano le mie. Senza dirci niente. Le pareti sono azzurre, il tempo dilatato ma brevissimo. Dimentico e vivo. I ragazzi dimenticano e vivono. Ci permettiamo, come in nessun altro posto avviene, di essere vulnerabili, esposti, scoperti. Per me è un luogo facile, naturale perché è solo nudi che si impara e si vive davvero. E mi manca. Molto.

Durante il pranzo guardavo LittleViolet e ho pensato che, forse, nel suo cuore e nella sua testa è sempre ancora così. Che magnifico tesoro per ora intatto e inesplorato! La sua abilità è ancora tutta lì e può essere trovata in un tarallo, nella coccinella che per caso cammina sul bordo del mio piatto, in un sorriso. Non ci sono mattoni, né ferite, né acqua sporca.

Vorrei che lo potesse ricordare.

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